Amare o farsi amare?


Sabato scorso è stata una di quelle mattinate frenetiche in cui avevo mille giri e mille cose da fare. Bella carica, la mattina ho piazzato i tre figli in macchina, ho acceso la macchina, sono scesa per grattare il ghiaccio, sono risalita per sedare una rissa, sono scesa di nuovo per grattare altro ghiaccio, sono risalita per vedere come mai non partisse l'aria calda, sono riscesa a grattare il ghiaccio...e alla decima volta di questo sali e scendi "PAM!" mi sono schiacciata la mano nella portiera: che male cane!!!

Risultato è stato una frattura all'indice sinistro e una specie di tutore che mi tiene immobilizzato il dito per i prossimi 30 giorni....e questo sotto Natale, e questo con mille biscotti e dolci che volevo sfornare, e questo con tutti i regali ancora da incartare, con bambini e piatti da lavare ogni giorno, con i miei stessi capelli che non riesco a lavare, con i vasetti e la moka che non riesco ad aprire...con mille gesti che dai per scontato e che all'improvviso non riesci a fare.

Questo avvenimento mi ha fatto ricordare del seminario sull'amore della psicologa torinese Laura Bellia presso la Chiesa Battista diTreviso al quale sono stata la settimana precedente alla rottura del dito, e ora vi racconto alcuni degli aspetti che mi hanno più colpita (quello che la mia scarsa memoria mi permette di ricordare!) e poi vi spiego cosa c'entrano con il mio indice rotto.



Il tema del convegno era "La sfida dell'amore"...lo stesso titolo del libro che sto leggendo giorno per giorno con mio marito, ma visto da un angolazione diversa, più femminile...perchè l'amore è sempre e comunque una sfida, da qualsiasi parte lo si voglia guardare.

Intanto Laura è partita dal conosciutissimo versetto del Vangelo di Matteo "Ama il tuo prossimo come te stesso", e con esso ci ha ricordato che per mettere in pratica questo comandamento non basta amare il nostro prossimo, ma che prima di tutto dobbiamo amare noi stessi
Detta così può sembrare anche brutto, specialmente in un mondo in cui tendiamo comunque a mettere noi stessi sempre al centro e sotto i riflettori. Ma la sfumatura che Laura voleva che noi scorgessimo era questa: come donne, mogli e madri, quante volte non siamo soddisfatte di noi stesse, sia fisicamente che in ciò che facciamo, e poi la nostra frustrazione si ripercuote negativamente sulle nostre relazioni in famiglia, creando un clima teso e nervoso? E' vero, a me succede spesso. Ecco allora la prima lezione che ho imparato: non trascurarmi, non consumarmi, non sovraccaricarmi, per amore di me stessa ma ancora di più del mio prossimo.

Poi c'è stata un'altra lezione interessante che riguardava un altro aspetto molto sottile di noi mogli e mamme: quanto i gesti che ogni giorno facciamo parlano di amore ai nostri cari? 
Io ho sempre pensato che più faccio per la mia famiglia, più dimostro loro amore. In realtà anche qui c'è uno strano processo della mente per cui tante volte le cose che noi sventoliamo agli altri come amore non sono altro che la nostra ricerca di approvazione e gratificazione personale
E' molto difficile da spiegare per me che non sono una psicologa, ma in poche parole il concetto è questo: le cose che facciamo, ad esempio per nostro marito, le facciamo perchè lo amiamo e vogliamo farlo stare bene o perchè speriamo di ricevere da lui una lode e un complimento per quello che facciamo e così stare bene noi stesse? Laura ci ha ricordato che la differenza è molto difficile da captare a volte, e che molto spesso le due cose vanno insieme non escludendosi a vicenda, e che, tenuto nei giusti limiti, il ricercare approvazione non è una cosa per forza negativa. Comunque questo concetto mi ha fatto riflettere molto...e mi ha fatto riconsiderare che a volte la mole di lavoro che mi creo potrei benissimo un po' diluirla per stare invece insieme alle persone che amo ascoltandole e stando semplicemente bene insieme. 


Ultimo argomento che mi ha colpito, e qui ritorna la storia del mio dito rotto, è stata l'ultima parte della sezione dal titolo "Amare o farsi amare", ovvero il farsi amare.
La domanda provocatoria che Laura ci ha posto è stata "Vi fate amare?"...che domanda strana, così su due piedi abbiamo risposto quasi tutte di sì, tutte ci lasciamo amare dagli altri. Poi abbiamo approfondito il concetto e io stessa ho visto come molto spesso impedisco invece agli altri di amarmi. Questo com'è possibile? Non siamo tutti alla ricerca perenne dell'amore?
E invece molte difese che abbiamo, costruiscono come un muro intorno a noi, impedendo agli altri di dimostrarci il loro amore. Per fare un esempio banale: se ho finito lo zucchero e ho voglia di bere un caffè, suono alla mia vicina di casa chiedendole una tazzina di zucchero, o piuttosto bevo il caffè amaro?
Io è più facile che quel caffè lo beva amaro: il non voler disturbare, il non voler ammettere di aver dimenticato di comprare lo zucchero, il voler dimostrare che riusciamo sempre e comunque a fare tutto da sole, sono tutti dei processi inconsci che non permettono al mio prossimo di dimostrarmi amore. Questo un esempio, ma proviamo ad applicarlo a tutti gli ambiti della nostra giornata e noteremo quante volte piuttosto ci facciamo in quattro che ricercare o accettare l'aiuto (che non è altro che amore) del prossimo.


E finalmente arriviamo al mio dito rotto...tante cose non posso farle in questo mese di dito immobilizzato: che sia stato mandato dal Signore per insegnarmi a lasciarmi amare di più dal mio prossimo? 
La prima sera a casa, dopo cena, Franci ha detto "Ora siediti al mio posto, e io metterò in ordine la cucina", pensate che io sia riuscita a farlo serenamente? Mi sono alzata almeno tre volte per dargli una mano e ogni volta con pazienza lui mi ha rimandato al posto...il cammino è lungo, ma imparerò anche questa lezione, e il mio voler farcela a tutti i costi sempre da sola piano piano farà spazio a chi mi sta intorno.